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Italia paese razzista? No, accogliente ma impreparato.

Aperto da MrPippoTN, Gio 09 Maggio, 2013, 08:56:08

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MrPippoTN

#15
Citazione di: ross il Gio 09 Maggio, 2013, 17:07:20
in effetti volevo dare il mio contributo alla discussione, vivendo da immigrato (di serie A per mia fortuna), ma ora sn strapreso. Comunque in Scozia ti danno il diritto di voto al parlamento di Edinburgh quasi subito, una volta che hai un lavoro, una casa e la previdenza sociale, sei cittadino a tutti gli effetti. Ho anche partecipato al censimento scozzese.

CVD. Ecco come funzionano i paesi civili. Grazie, Ale.

Chiudo questo trenino di interventi aggiungendo che se si cercano in Internet un po' di report degli ultimi anni si scoprono cosucce tipo queste: http://it.peacereporter.net/articolo/20002/

COLPO DI SCENA, "IL COMUNISTONE" CHE CITA LA CEI. Ebbene sì. La Chiesa, la Caritas, le istituzioni di volontariato cattoliche sono in prima linea nel dare una mano agli immigrati e conoscono il problema meglio di qualunque politico. E cosa dice la CEI (e non solo la CEI, tra l'altro, ma un po' tutti gli operatori sociali che lavorano nei CPT, nelle carceri, eccetera)? APRITI CIELO:

"Non è vero che gli immigrati delinquono più degli italiani".

SKANTALOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!11!  ;D

"La percentuale della criminalita' compiuta dagli immigrati e' praticamente identica se non uguale a quella compiuta dagli italiani".

Nonostante condizioni sociali e normative sfavorevoli, il "tasso di criminalità" degli immigrati regolari nel nostro Paese è solo leggermente più alto di quello degli italiani (tra l'1,23 percento e l'1,40%, contro lo 0,75 percento) e, se si tiene conto della differenza di età, questo tasso è uguale a quello degli italiani. A influire al riguardo, infatti, sono le fasce di età più giovani, mentre è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni.

Non esiste alcuna corrispondenza tra l'aumento degli immigrati regolari e l'aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, mentre essi sono cresciuti di più del 100 percento, le denunce nei loro confronti hanno conosciuto un aumento del 45,9 percento.

Non so se avete visto le percentuali. IN MEDIA UN IMMIGRATO SU CENTO DELINQUE. UNO SU CENTO. Dite la verità, avevate questa percezione? Non ci credo neanche se mi pagate a peso d'oro, perché i media e ancor più la PROPAGANDA ELETTORALE danno un peso ENORME a questi fenomeni, per far leva sulla cosidetta "pancia dell'elettorato". Ecco qual è il vero problema dell'Italia: la disinformazione della plebe.

Xenofobia = paura dello straniero. Think about it. Altro che buonismo. Coscienza, signori.

MrPippoTN

#16
Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Gio 09 Maggio, 2013, 12:11:32Molto spesso l'aiuto sottoforma di "carità" non fa che peggiorare il rapporto fra paese ospitante ed extracomunitari:

Questo nodo è centrale. Scusatemi se risulto ripetitivo ma quando Bernie dice che il mio è buonismo, cade nell'errore di dare per scontato che siccome uno è "di sinistra", allora è una persona "accomodante con gli stranieri che delinquono". Niente di più falso. Le persone accomodanti con gli stranieri sono RAZZISTI CON LA CODA DI PAGLIA. Il punto è che io non voglio MANTENERE IMMIGRATI STRANIERI COI MIEI SOLDI PER COLPA DI VUOTI LEGISLATIVI DOVUTI A DEI GOVERNI DI MERDA. Gli stranieri in Italia devono avere l'opportunità di trovare un lavoro onesto e per averlo devono vedere riconosciuti i propri diritti di accoglienza. Questo affinché si possano arrangiare il più possibile, senza gravare sulle casse di uno Stato già in ginocchio. Insomma, io PRETENDO che il mio Paese metta in condizione di lavorare chi vuole darsi da fare e non obblighi nessuno a delinquere. Ecco perché sono favorevole alla cancellazione immediata del reato di immigrazione clandestina, perché se uno arriva qua senza documenti è perché sta fuggendo da una guerra, non significa che sia un delinquente, le statistiche parlano chiaro: UNO SU CENTO DELINQUE. Gli immigrati sono UNA RISORSA PER L'ITALIA, NON UN PROBLEMA e la legge Bossi-Fini è una porcata che ha contribuito (accanto alla crisi e ad altri fattori) a riempire le nostre città di delinquenti, altro che balle. Va cambiata quanto prima per un principio di giustizia e di sicurezza.

Sul discorso IUS SOLI, poi... non pretendo che tutti la vedano come me. Io sono una persona aperta ed esterofila. Sogno una società multietnica perché reputo che grazie alla presenza di molti stranieri l'Italia si sprovincializzerebbe, prima di tutto dal punto di vista culturale dato che per molti versi siamo fermi al Medioevo (vedi discorso dei diritti civili, tolleranza dell'omosessualità, etc). Per questo io sono favorevole all'adozione del principio di IUS SOLI, ovvero al dare la cittadinanza a chi nasce in Italia a prescindere dalla provenienza dei propri genitori perché altrimenti si crea una generazione di apolidi che rappresentano una bomba ad orologeria sociale. Prendiamo esempio dai paesi civili: Nord Europa, Canada, paesi anglosassoni. Non dobbiamo inventare nulla, dobbiamo solo COPIARE normative che da noi, ZIO PORCO, sono percepite come "buonismo comunista" mentre altrove sono l'ABC della convivenza civile. Senza dimenticare che l'Articolo 3 della nostra MERAVIGLIOSA COSTITUZIONE DICE:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."


http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/costituzione.htm

Per il momento ho finito. :ciao:

inferno bianco

#17
Citazione di: MrPippoTN il Gio 09 Maggio, 2013, 17:45:08
Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Gio 09 Maggio, 2013, 12:11:32Molto spesso l'aiuto sottoforma di "carità" non fa che peggiorare il rapporto fra paese ospitante ed extracomunitari:

Questo nodo è centrale. Scusatemi se risulto ripetitivo ma quando Bernie dice che il mio è buonismo, cade nell'errore di dare per scontato che siccome uno è "di sinistra", allora è una persona "accomodante con gli stranieri che delinquono". Niente di più falso. Le persone accomodanti con gli stranieri sono RAZZISTI CON LA CODA DI PAGLIA. Il punto è che io non voglio MANTENERE IMMIGRATI STRANIERI COI MIEI SOLDI PER COLPA DI VUOTI LEGISLATIVI DOVUTI A DEI GOVERNI DI MERDA. Gli stranieri in Italia devono avere l'opportunità di trovare un lavoro onesto e per averlo devono vedere riconosciuti i propri diritti di accoglienza. Questo affinché si possano arrangiare il più possibile, senza gravare sulle casse di uno Stato già in ginocchio. Insomma, io PRETENDO che il mio Paese metta in condizione di lavorare chi vuole darsi da fare e non obblighi nessuno a delinquere. Ecco perché sono favorevole alla cancellazione immediata del reato di immigrazione clandestina, perché se uno arriva qua senza documenti è perché sta fuggendo da una guerra, non significa che sia un delinquente, le statistiche parlano chiaro: UNO SU CENTO DELINQUE. Gli immigrati sono UNA RISORSA PER L'ITALIA, NON UN PROBLEMA e la legge Bossi-Fini è una porcata che ha contribuito (accanto alla crisi e ad altri fattori) a riempire le nostre città di delinquenti, altro che balle. Va cambiata quanto prima per un principio di giustizia e di sicurezza.

Sul discorso IUS SOLI, poi... non pretendo che tutti la vedano come me. Io sono una persona aperta ed esterofila. Sogno una società multietnica perché reputo che grazie alla presenza di molti stranieri l'Italia si sprovincializzerebbe, prima di tutto dal punto di vista culturale dato che per molti versi siamo fermi al Medioevo (vedi discorso dei diritti civili, tolleranza dell'omosessualità, etc). Per questo io sono favorevole all'adozione del principio di IUS SOLI, ovvero al dare la cittadinanza a chi nasce in Italia a prescindere dalla provenienza dei propri genitori perché altrimenti si crea una generazione di apolidi che rappresentano una bomba ad orologeria sociale. Prendiamo esempio dai paesi civili: Nord Europa, Canada, paesi anglosassoni. Non dobbiamo inventare nulla, dobbiamo solo COPIARE normative che da noi, ZIO PORCO, sono percepite come "buonismo comunista" mentre altrove sono l'ABC della convivenza civile. Senza dimenticare che l'Articolo 3 della nostra MERAVIGLIOSA COSTITUZIONE DICE:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."


http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/costituzione.htm

Per il momento ho finito. :ciao:
Ciao Pippo, questa mattina sono libero e colgo l'occasione per rispondere alle tue riflessioni in merito a questo argomento estremamente complesso. Parto da un recente e drammatico episodio di cronaca dove i tre aggrediti da un ghanese sono morti.
http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/05/13/news/la_seconda_vittima_di_adam_kabobo_morte_cerebrale_per_il_ragazzo_di_21_anni-58698088/?ref=HRER2-1
Come vedrai nell'articolo, sembra che il ghanese abbia commesso tale delitto sulla base di allucinazioni uditive. Guarda caso è proprio la materia del mio lavoro: la base della psichiatria transculturale si occupa di comprendere i possibili motivi che determinano l'insorgere di gravi disturbi mentali in individui che emigrano dal loro contesto culturale di appartenenza. La teoria più accreditata suggerisce che alla base di tali scompensi psichici ci sia una diversa chiave di lettura della realtà: vengono definiti diversi codici di significazione. In altre parole, ciò che per me ha un senso comune e condiviso per coloro che emigrano non ha lo stesso senso. Colui che emigra si trova, così, inserito in un mondo che prova a leggere con i suoi codici di significazione. Qualora questa nuova realtà risulti incomprensibile, l'individuo prova un lacerante sentimento di vuoto di senso che, purtroppo, offre spazio per cause sconosciute all'insorgere di sintomi allucinatori e deliranti che provano a riempire questo vuoto tali da condurre a queste drammatiche conseguenze. Come andrà a finire? Per esperienza, se il ghanese verrà considerato affetto da una patologia psicotica e pertanto incapace di intendere e di volere, non farà nemmeno un giorno di carcere. La vecchia normativa prevedeva la traduzione in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario che però dal 2013 sono stati per legge chiusi ( Legge Marino, 9/2012, ora candidato sindaco per Roma) e sostituiti da comunità alternative a scopo terapeutico- riabilitativo. In tutto il Trentino, secondo i dati del 2012 dell'APSS, esistono ad esempio 6 persone in attesa di traduzione dagli OPG in comunità terapeutiche definite chiuse ( la più indicata si trova ad Arco). Questo cappello introduttivo mi permette di collegarmi a quanto hai affermato. Il tuo post lo hai titolato: Italia paese accogliente ma impreparato. La domanda è: come si accoglie un individuo che ha diversi codici di lettura della realtà? Ad esempio, per noi l'AIDS è dovuto ad un virus, per altre culture sebbene riconoscano la natura etiologica del virus, essi ritengono che il virus sia l'espressione di un castigo divino. Tu sostieni la tesi, da me condivisibile, di una società aperta e multiculturale ma temo faticosamente realizzabile. Una società simile dovrebbe  basarsi sulla conoscenza reciproca dei suddetti codici di significazione che parta da una approfondita conoscenza delle proprie radici personali, familiari ed usi e costumi culturali.     Tu emigrante devi conoscere il luogo dove vai e le sue regole ed io capire da dove vieni e cercare un faticoso senso condiviso. Esiste in tutto il mondo occidentale una figura professionale atta a questo scopo: il mediatore culturale che funge da tramite tra i due mondi. Risulta facilmente comprensibile che per realizzare la società da te auspicata questa figura dovrebbe essere potenziata ed incoraggiata. Arriviamo al nocciolo del problema: per esperienza personale, ho provato sulla mia pelle l'impatto della crisi economica con il relativo taglio dei fondi destinati al sostegno di queste figure professionali con la relativa difficoltà a gestire le gravità psicopatologiche descritte. Si innesca un inevitabile circolo vizioso per cui l'Altro diviene sempre più incomprensibile e la mente umana del ricevente, se non sostenuta da un mediatore, reagisce purtroppo sempre allo  stesso modo e cioè con la paranoia: tu straniero, poiché non ti capisco e tu non capisci me, diventi un potenziale nemico delittuoso e causa delle mie difficoltà. Le società nordiche hanno intuito il pericolo del fantasma della paranoia ed hanno rafforzato queste figure professionali, quindi, il cosiddetto razzismo non è altro che un riflesso del suddetto circuito vizioso non interrotto dal preventivo intervento di un mediatore addestrato a conoscere le radici linguistiche e culturali per poi trasmetterli ai suoi conterranei. Lo ius soli si può concedere per legge a patto, però, che l'individuo emigrante, sostenuto da un mediatore, possa e debba conoscere il mondo e le regole del contesto che lo accoglie perché è vero che gli immigrati sono una potenziale ricchezza per l'Italia ma vale anche il discorso reciproco per cui la nostra cultura, la nostra storia e i nostri codici di significazione sono una potenziale ricchezza per loro. A conferma di quanto dico e chiudendo il cerchio narrativo, se leggi le cronache relative al delitto commesso dal ghanese, noterai come il mediatore stesso non comprendeva il dialetto parlato dal ghanese e le poche parole sono state tradotte dalla poche frasi espresse in inglese dal ghanese. Parafrasando, è come per esempio se un bergamasco o palermitano che parla in dialetto stretto dovesse essere compreso da un aquilano. La storia si ripete: o si vive in una eterna Babele dove le lingue sono incomprensibili e si crea il terreno per i conflitti oppure si crea una stele di Rosetta dove le stesse parole, seppur con lingue diverse, hanno lo stesso significato.

Bernie

Grazie di questo splendido post, culturalmente elevato e tecnico quel tanto che basta per capire.
Tirando le somme, utopia per l'Italia di oggi un paese che è in guerra civile interna anche se non dichiarata.
Ci sarebbero tante cose più urgenti da sistemare per diventare un simulacro di paese civile..........
Non tollero alcuna forma di limitazione della mia libertà personale.

MrPippoTN

http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Castelvolturno

In occasione della strage di Castelvolturno, Giuseppe Setola, camorrista riconducibile al clan dei Casalesi, ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria "Ob Ob exotic fashions" a Varcaturo,[3] in due operazioni distinte da parte dello stesso gruppo di fuoco.

Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più "anziano" aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", la quale, poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua. Se poi il suo avvocato gli avesse suggerito "dì che senti delle voci così ti danno l'infermità mentale e non ti farai un solo giorno di galera" questo è un problema che non ha niente a che vedere col colore della sua pelle, ma con i cavilli legislativi cui ci si può appellare in questi casi.

:ciao:

Giacomo da Centa

#20
Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua.

Ah beh, non c'è dubbio, anche per me. Tra l'altro Pippo colgo l'occasione per scusarmi e dirti che ho visto le tue domande su facebook solo ieri sera...ti rispondo appena ho tempo (potrebbe essere domenica), il mio silenzio era dovuto al fatto che non le avevo viste. Scusa.

A presto!

MrPippoTN

Citazione di: Giacomo da Centa il Mar 14 Maggio, 2013, 12:03:24
Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua.

Ah beh, non c'è dubbio, anche per me. Tra l'altro Pippo colgo l'occasione per scusarmi e dirti che ho visto le tue domande su facebook solo ieri sera...ti rispondo appena ho tempo (potrebbe essere domenica), il mio silenzio era dovuto al fatto che non le avevo viste. Scusa.

A presto!

Gli argomenti sono tutti stati copiati e incollati qui, a sto punto rispondimi qui per cortesia.

:ciao:

Giacomo da Centa

Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana. Quindi ancora una volta, per quanto mi riguarda, la cosa che lascia basiti è la scarsa (nulla?) capacità di intervento/limitazione di questi casi umani importati (e conosciuti, nella maggior parte dei casi), da parte della nostra legislazione e delle nostre forze dell'ordine.
Ripeto, chi compie reati gravi va E-SPUL-SO (non parlo di "reato di immigrazione clandestina", nè di furto di mele per fame: parlo di condanne per violenze e/o rapine e/o altro di grave - sfruttamento prostituzione, ad esempio, etc) .
Ma ciò va fatto non con un pezzo di carta, ma con i fatti, dev'esserci la certezza che ciò avvenga. Tutto qui per quanto mi riguarda, essenzialmente, poi sui modi per farlo si può discutere, ma per me parte tutto da qui: se io vado in un paese straniero, qualunque sia la mia situazione e posizione, non si può prescindere dal rispetto verso il paese che ti ospita, rispetto che in primis vuol dire "non delinquere" in modo premeditato o quantomeno organizzato o abitualmente.
Poi chiaro che i matti ci sono, ed è senz'altro il caso del ghanese. Quella del mafioso non è pazzia, è premeditazione, cosa ben più grave, per certi versi.

MrPippoTN

Citazione di: Giacomo da Centa il Mar 14 Maggio, 2013, 12:19:08
Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana. Quindi ancora una volta, per quanto mi riguarda, la cosa che lascia basiti è la scarsa (nulla?) capacità di intervento/limitazione di questi casi umani importati (e conosciuti, nella maggior parte dei casi), da parte della nostra legislazione e delle nostre forze dell'ordine.
Ripeto, chi compie reati gravi va E-SPUL-SO (non parlo di "reato di immigrazione clandestina", nè di furto di mele per fame: parlo di condanne per violenze e/o rapine e/o altro di grave - sfruttamento prostituzione, ad esempio, etc) .
Ma ciò va fatto non con un pezzo di carta, ma con i fatti, dev'esserci la certezza che ciò avvenga. Tutto qui per quanto mi riguarda, essenzialmente, poi sui modi per farlo si può discutere, ma per me parte tutto da qui: se io vado in un paese straniero, qualunque sia la mia situazione e posizione, non si può prescindere dal rispetto verso il paese che ti ospita, rispetto che in primis vuol dire "non delinquere" in modo premeditato o quantomeno organizzato o abitualmente.
Poi chiaro che i matti ci sono, ed è senz'altro il caso del ghanese. Quella del mafioso non è pazzia, è premeditazione, cosa ben più grave, per certi versi.

Condivido. Anche qui a Rovereto qualche mese fa un mio conoscente impazzito ha seccato il sacrestano della chiesa di Santa Maria: http://www.ladige.it/articoli/2012/03/10/omicidio-rovereto-fermato-36enne

La pazzia non ha niente a che vedere con il fatto che questo signore fosse ghanese. Solo chi ha interesse a strumentalizzare l'episodio lo sottolinea e lo amplifica a livello nazionale, questi episodi sono all'ordine del giorno.

Thomyorke

Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Castelvolturno

In occasione della strage di Castelvolturno, Giuseppe Setola, camorrista riconducibile al clan dei Casalesi, ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria "Ob Ob exotic fashions" a Varcaturo,[3] in due operazioni distinte da parte dello stesso gruppo di fuoco.

Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più "anziano" aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", la quale, poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua. Se poi il suo avvocato gli avesse suggerito "dì che senti delle voci così ti danno l'infermità mentale e non ti farai un solo giorno di galera" questo è un problema che non ha niente a che vedere col colore della sua pelle, ma con i cavilli legislativi cui ci si può appellare in questi casi.

:ciao:

aggiungo che impunemente nel corso di manifestazioni sportive di prim'ordine si sentono cori che recitano: "il goal del negro non vale". Ed esiste una sottocultura che di fronte a queste cose non si indigna ma scherza, giochicchia, non sono più un tabù da debellare e di cui vergognarsi: roba da ventennio fascista, con cui non abbiamo mai fatto i conti. La questione delle chiavi di lettura della realtà è interessante e certamente sistemi di significazione in conflitto possono produrre, in soggetti particolarmente predisposti, degli scompensi psichici tali da sviluppare il germe di una violenza disperata ed assurda ( "assurda" proprio nel senso esistenziale del termine, cfr. Camus, Lo straniero, monumento della letteratura che ci fa riflettere su come nelle questioni umane venga spesso a mancare la sistematicità dei nessi causa-effetto, quei nessi che la giustizia umana tenta disperatamente di ricostruire, non senza forzature, proprio per poter dare un senso ai crimini più efferati, ovvero a ciò che si configura come l'insensato per antonomasia); non mi pare tuttavia che contesti culturali diversi possono essere considerati come una condizione sufficiente per tali evenienze degenerative. Una strage del genere non capita così, da un giorno all'altro, senza che prima non ci siano dei segnali di squilibrio più o meno preoccupanti: nessuno mi potrà mai togliere il dubbio che forse in un paese diverso, dotato di sensibilità sociale, sarebbero stati presi alcuni provvedimenti preventivi, strategie volte ad evitare l'isolamento dei soggetti "a rischio". A volte basta pochissimo per evitare di trovarsi in situazioni critiche, ma quel "pochissimo" si scontra con una miopia sociale che pare innata: si deve comprendere davvero che ora come ora vi è un substrato sociale altamente "esplosivo" e mi riferisco non solo agli immigrati che vivono in situazioni improbabili ma anche agli autoctoni che hanno perso il lavoro e con esso la dignità. In contesti di crisi e di decadenza politica, sociale e culturale si tende a concentrare le risorse economiche per fronteggiare le emergenze del breve periodo, tralasciando magari di incentivare quei cuscinetti sociali che in situazioni di "calma" potrebbero sembrare persino superflui: centri di accoglienza, centri educativi e di riqualifica lavorativa hanno sempre meno fondi e si trovano ad operare in condizioni assolutamente precarie; ciò non può che essere una concausa all'emergere di situazioni a rischio sempre meno controllabili e spesso fonte di episodi di cronaca nera. Anche questa è una questione di sistemi di significazione. Un codice, sia esso linguistico o più in generale culturale, è sempre in divenire. Ciò comporta il fatto che i soggetti che lo utilizzano non sono meri fruitori ma sono coinvolti attivamente nel processo di produzione ermeneutica: questo implica tutta una serie di responsabilità che tutti noi condividiamo, responsabilità che ci chiamano ad operare tutti insieme per tentare di ridefinire la realtà, piuttosto che registrarla passivamente a seconda di quale sia la nostra cultura di origine.   
www.meteomollaro.it 

Il 28 dicembre 2020 verrà festeggiato come il 25 Aprile della meteorologia trentina. Amen.

Thomyorke

Citazione di: Giacomo da Centa il Mar 14 Maggio, 2013, 12:19:08
Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana. Quindi ancora una volta, per quanto mi riguarda, la cosa che lascia basiti è la scarsa (nulla?) capacità di intervento/limitazione di questi casi umani importati (e conosciuti, nella maggior parte dei casi), da parte della nostra legislazione e delle nostre forze dell'ordine.
Ripeto, chi compie reati gravi va E-SPUL-SO (non parlo di "reato di immigrazione clandestina", nè di furto di mele per fame: parlo di condanne per violenze e/o rapine e/o altro di grave - sfruttamento prostituzione, ad esempio, etc) .
Ma ciò va fatto non con un pezzo di carta, ma con i fatti, dev'esserci la certezza che ciò avvenga. Tutto qui per quanto mi riguarda, essenzialmente, poi sui modi per farlo si può discutere, ma per me parte tutto da qui: se io vado in un paese straniero, qualunque sia la mia situazione e posizione, non si può prescindere dal rispetto verso il paese che ti ospita, rispetto che in primis vuol dire "non delinquere" in modo premeditato o quantomeno organizzato o abitualmente.
Poi chiaro che i matti ci sono, ed è senz'altro il caso del ghanese. Quella del mafioso non è pazzia, è premeditazione, cosa ben più grave, per certi versi.

benissimo, chiarissimo. Condivido in pieno! ;)
www.meteomollaro.it 

Il 28 dicembre 2020 verrà festeggiato come il 25 Aprile della meteorologia trentina. Amen.

inferno bianco

#26
Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Mar 14 Maggio, 2013, 12:29:58
Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Castelvolturno

In occasione della strage di Castelvolturno, Giuseppe Setola, camorrista riconducibile al clan dei Casalesi, ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria "Ob Ob exotic fashions" a Varcaturo,[3] in due operazioni distinte da parte dello stesso gruppo di fuoco.

Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più "anziano" aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", la quale, poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua. Se poi il suo avvocato gli avesse suggerito "dì che senti delle voci così ti danno l'infermità mentale e non ti farai un solo giorno di galera" questo è un problema che non ha niente a che vedere col colore della sua pelle, ma con i cavilli legislativi cui ci si può appellare in questi casi.

:ciao:

aggiungo che impunemente nel corso di manifestazioni sportive di prim'ordine si sentono cori che recitano: "il goal del negro non vale". Ed esiste una sottocultura che di fronte a queste cose non si indigna ma scherza, giochicchia, non sono più un tabù da debellare e di cui vergognarsi: roba da ventennio fascista, con cui non abbiamo mai fatto i conti. La questione delle chiavi di lettura della realtà è interessante e certamente sistemi di significazione in conflitto possono produrre, in soggetti particolarmente predisposti, degli scompensi psichici tali da sviluppare il germe di una violenza disperata ed assurda ( "assurda" proprio nel senso esistenziale del termine, cfr. Camus, Lo straniero, monumento della letteratura che ci fa riflettere su come nelle questioni umane venga spesso a mancare la sistematicità dei nessi causa-effetto, quei nessi che la giustizia umana tenta disperatamente di ricostruire, non senza forzature, proprio per poter dare un senso ai crimini più efferati, ovvero a ciò che si configura come l'insensato per antonomasia); non mi pare tuttavia che contesti culturali diversi possono essere considerati come una condizione sufficiente per tali evenienze degenerative. Una strage del genere non capita così, da un giorno all'altro, senza che prima non ci siano dei segnali di squilibrio più o meno preoccupanti: nessuno mi potrà mai togliere il dubbio che forse in un paese diverso, dotato di sensibilità sociale, sarebbero stati presi alcuni provvedimenti preventivi, strategie volte ad evitare l'isolamento dei soggetti "a rischio". A volte basta pochissimo per evitare di trovarsi in situazioni critiche, ma quel "pochissimo" si scontra con una miopia sociale che pare innata: si deve comprendere davvero che ora come ora vi è un substrato sociale altamente "esplosivo" e mi riferisco non solo agli immigrati che vivono in situazioni improbabili ma anche agli autoctoni che hanno perso il lavoro e con esso la dignità. In contesti di crisi e di decadenza politica, sociale e culturale si tende a concentrare le risorse economiche per fronteggiare le emergenze del breve periodo, tralasciando magari di incentivare quei cuscinetti sociali che in situazioni di "calma" potrebbero sembrare persino superflui: centri di accoglienza, centri educativi e di riqualifica lavorativa hanno sempre meno fondi e si trovano ad operare in condizioni assolutamente precarie; ciò non può che essere una concausa all'emergere di situazioni a rischio sempre meno controllabili e spesso fonte di episodi di cronaca nera. Anche questa è una questione di sistemi di significazione. Un codice, sia esso linguistico o più in generale culturale, è sempre in divenire. Ciò comporta il fatto che i soggetti che lo utilizzano non sono meri fruitori ma sono coinvolti attivamente nel processo di produzione ermeneutica: questo implica tutta una serie di responsabilità che tutti noi condividiamo, responsabilità che ci chiamano ad operare tutti insieme per tentare di ridefinire la realtà, piuttosto che registrarla passivamente a seconda di quale sia la nostra cultura di origine.   
Ho sottolineato le frasi in grassetto per fare delle precisazioni.
1) sistemi di significazione in conflitto: i codici di significazione sono di per sé pre-relazionali: ad esempio, un bambino dall'utero ai primi mesi di vita è guidato semplicemente dai propri istinti di fame e di sete e costruisce i propri codici di significazione considerando la madre come una funzione atta ad estinguere i propri bisogni e non come soggetto autonomo di desideri e di propri bisogni con cui entrare in relazione reciproca cosa che farà successivamente. Pertanto, prima leggo la realtà poi entro in relazione. Un conflitto, per definizione, prevede, poi, che due entità vengano a contatto. Nel caso in questione, sia che la natura psichiatrica del gesto venga confermata o meno, il contatto tra i codici di significazione della società ricevente e dell'immigrato non è mai avvenuto proprio per l'assenza di un mediatore e da qui risulta comprensibile la riflessione di Camus che intravedeva l'assenza di causa- effetto che non può esserci se la relazione non si è mai instaurata,
2) secondo le teorie psichiatriche  transculturali, è errato affermare che l'uno o l'altro contesto culturale sia una condizione sufficiente per determinare screzi psichiatrici. Ciò che determina la patologia è, come dicevo prima, il vuoto di senso determinato dalla mancata condivisione dei codici di significazione: ciò che prima per me aveva un senso riconosciuto nella mia cultura d'origine ora, inserito in un contesto nuovo in cui non entro in relazione reciproca, non lo ha più se qualcuno (un mediatore) non mi offre la possibilità di confrontarmi con i codici di significazione del ricevente per stabilire, poi, una relazione reciproca condivisa
3) hai centrato qual è l'obiettivo ed il sogno di tutti gli studiosi della mente che stanno letteralmente impazzendo per raggiungerlo: prevenire l'insorgere della crisi tramite l'analisi dei cosiddetti segni precoci che talora, e su questo concordo, possono essere individuati. In altri casi purtroppo, la scienza non possiede strumenti efficaci per spiegare ed affrontare manifestazioni comportamentali imprevedibili. Un caso emblematico che ha mandato al manicomio ( è proprio il caso di dirlo) giudici, psichiatri, poliziotti e chi più ne ha più ne metta è quello di Izzo, italianissimo responsabile della strage del Circeo nel 1975 a Roma. Nessun segno di patologia psichiatrica nella sua storia, nessuna avvisaglia di impulsività pregressa, un bel giorno decide di uccidere in nome dell'odio misogino e spinto dalla fascinazione dalle gesta del clan criminale dei Marsigliesi. Anni e anni di perizie per stabilire se era sano o meno: venne considerato sano. Fa il bravo bambino in carcere e prosegue la detenzione tramite il servizio sociale. Un altro bel giorno, in un periodo di libera uscita, decide di uccidere altre due donne. Era pazzo prima ma nessuno lo aveva capito o è impazzito dopo oppure il crimine e la follia sono due realtà differenti che spesso ma non necessariamente si incontrano? Per informazione, il tasso di omicidi compiuto da soggetti con patologia psichiatrica diagnosticata è uguale a quelli che non soffrono di patologia...Come vedi è un discorso molto molto complicato. L'episodio riportato da Pippo in merito all'omicidio del sagrestano potrebbe ribadire le difficoltà nel prevedere: cosa sarebbe successo se il giovane fosse stato in cura da uno psichiatra? Nessun giudice, sebbene la partenza delle inevitabili indagini di rito, avrebbe potuto aprire una inchiesta nei confronti dello psichiatra che lo aveva in cura. Altro discorso, ovviamente, sarebbe stato se l'omicida avesse preannunciato nell'ambito della relazione medico-paziente tutelata dal segreto professionale, intenti omicidi, evento che in altre situazioni è accaduto con la successiva condanna dello psichiatra per non aver segnalato alla procura della repubblica un potenziale evento dannoso per gli altri.
In risposta al post di Pippo sulla strage di Castelvolturno, hai descritto esattamente quello che è una società paranoica incarnata dalla mafia con i propri codici di significazione, i propri riti e le proprie leggi. Colui che non si adegua a questi codici è un nemico da combattere e da eliminare. Mi ha sempre colpito, tuttavia, come i pochi o molti successi (dipende dai punti di vista) ottenuti dallo stato nei confronti della mafia siano stati permessi grazie alle rivelazioni dei pentiti che hanno rappresentato, così, ciò che, in analogia, il mediatore rappresenta per  l'immigrato: una volta che lo stato ha potuto riconoscere i codici di significazione della mafia ha avuto maggiori strumenti per combatterla: ma questa è solo una mia ipotesi.
Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana
Questa affermazione assolutamente condivisibile sotto i nostri codici di significazione, non assume, per i motivi esposti in precedenza, il carattere di certezza e potrebbe scardinare la possibile genesi psichiatrica di tale gesto. Non si sa nulla circa l'etnia di appartenenza del ghanese e dei suoi codici di significazione. Esistono, ad esempio, etnie in Africa dove il cannibalismo è permesso e, seppur esecrabile ed incomprensibile ai nostri occhi, girare con un piccone per, ad esempio, scacciare coloro che invadono il loro territorio, può avere significazioni a noi sconosciute

Thomyorke

Citazione di: paradiso nero il Mar 14 Maggio, 2013, 14:08:07
Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Mar 14 Maggio, 2013, 12:29:58
Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Castelvolturno

In occasione della strage di Castelvolturno, Giuseppe Setola, camorrista riconducibile al clan dei Casalesi, ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria "Ob Ob exotic fashions" a Varcaturo,[3] in due operazioni distinte da parte dello stesso gruppo di fuoco.

Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più "anziano" aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", la quale, poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua. Se poi il suo avvocato gli avesse suggerito "dì che senti delle voci così ti danno l'infermità mentale e non ti farai un solo giorno di galera" questo è un problema che non ha niente a che vedere col colore della sua pelle, ma con i cavilli legislativi cui ci si può appellare in questi casi.

:ciao:

aggiungo che impunemente nel corso di manifestazioni sportive di prim'ordine si sentono cori che recitano: "il goal del negro non vale". Ed esiste una sottocultura che di fronte a queste cose non si indigna ma scherza, giochicchia, non sono più un tabù da debellare e di cui vergognarsi: roba da ventennio fascista, con cui non abbiamo mai fatto i conti. La questione delle chiavi di lettura della realtà è interessante e certamente sistemi di significazione in conflitto possono produrre, in soggetti particolarmente predisposti, degli scompensi psichici tali da sviluppare il germe di una violenza disperata ed assurda ( "assurda" proprio nel senso esistenziale del termine, cfr. Camus, Lo straniero, monumento della letteratura che ci fa riflettere su come nelle questioni umane venga spesso a mancare la sistematicità dei nessi causa-effetto, quei nessi che la giustizia umana tenta disperatamente di ricostruire, non senza forzature, proprio per poter dare un senso ai crimini più efferati, ovvero a ciò che si configura come l'insensato per antonomasia); non mi pare tuttavia che contesti culturali diversi possono essere considerati come una condizione sufficiente per tali evenienze degenerative. Una strage del genere non capita così, da un giorno all'altro, senza che prima non ci siano dei segnali di squilibrio più o meno preoccupanti: nessuno mi potrà mai togliere il dubbio che forse in un paese diverso, dotato di sensibilità sociale, sarebbero stati presi alcuni provvedimenti preventivi, strategie volte ad evitare l'isolamento dei soggetti "a rischio". A volte basta pochissimo per evitare di trovarsi in situazioni critiche, ma quel "pochissimo" si scontra con una miopia sociale che pare innata: si deve comprendere davvero che ora come ora vi è un substrato sociale altamente "esplosivo" e mi riferisco non solo agli immigrati che vivono in situazioni improbabili ma anche agli autoctoni che hanno perso il lavoro e con esso la dignità. In contesti di crisi e di decadenza politica, sociale e culturale si tende a concentrare le risorse economiche per fronteggiare le emergenze del breve periodo, tralasciando magari di incentivare quei cuscinetti sociali che in situazioni di "calma" potrebbero sembrare persino superflui: centri di accoglienza, centri educativi e di riqualifica lavorativa hanno sempre meno fondi e si trovano ad operare in condizioni assolutamente precarie; ciò non può che essere una concausa all'emergere di situazioni a rischio sempre meno controllabili e spesso fonte di episodi di cronaca nera. Anche questa è una questione di sistemi di significazione. Un codice, sia esso linguistico o più in generale culturale, è sempre in divenire. Ciò comporta il fatto che i soggetti che lo utilizzano non sono meri fruitori ma sono coinvolti attivamente nel processo di produzione ermeneutica: questo implica tutta una serie di responsabilità che tutti noi condividiamo, responsabilità che ci chiamano ad operare tutti insieme per tentare di ridefinire la realtà, piuttosto che registrarla passivamente a seconda di quale sia la nostra cultura di origine.   
Ho sottolineato le frasi in grassetto per fare delle precisazioni.
1) sistemi di significazione in conflitto: i codici di significazione sono di per sé pre-relazionali: ad esempio, un bambino dall'utero ai primi mesi di vita è guidato semplicemente dai propri istinti di fame e di sete e costruisce i propri codici di significazione considerando la madre come una funzione atta ad estinguere i propri bisogni e non come soggetto autonomo di desideri e di propri bisogni con cui entrare in relazione reciproca cosa che farà successivamente. Pertanto, prima leggo la realtà poi entro in relazione. Un conflitto, per definizione, prevede, poi, che due entità vengano a contatto. Nel caso in questione, sia che la natura psichiatrica del gesto venga confermata o meno, il contatto tra i codici di significazione della società ricevente e dell'immigrato non è mai avvenuto proprio per l'assenza di un mediatore e da qui risulta comprensibile la riflessione di Camus che intravedeva l'assenza di causa- effetto che non può esserci se la relazione non si è mai instaurata,
2) secondo le teorie psichiatriche  transculturali, è errato affermare che l'uno o l'altro contesto culturale sia una condizione sufficiente per determinare screzi psichiatrici. Ciò che determina la patologia è, come dicevo prima, il vuoto di senso determinato dalla mancata condivisione dei codici di significazione: ciò che prima per me aveva un senso riconosciuto nella mia cultura d'origine ora, inserito in un contesto nuovo in cui non entro in relazione reciproca, non lo ha più se qualcuno (un mediatore) non mi offre la possibilità di confrontarmi con i codici di significazione del ricevente per stabilire, poi, una relazione reciproca condivisa
3) hai centrato qual è l'obiettivo ed il sogno di tutti gli studiosi della mente che stanno letteralmente impazzendo per raggiungerlo: prevenire l'insorgere della crisi tramite l'analisi dei cosiddetti segni precoci che talora, e su questo concordo, possono essere individuati. In altri casi purtroppo, la scienza non possiede strumenti efficaci per spiegare ed affrontare manifestazioni comportamentali imprevedibili. Un caso emblematico che ha mandato al manicomio ( è proprio il caso di dirlo) giudici, psichiatri, poliziotti e chi più ne ha più ne metta è quello di Izzo, italianissimo responsabile della strage del Circeo nel 1975 a Roma. Nessun segno di patologia psichiatrica nella sua storia, nessuna avvisaglia di impulsività pregressa, un bel giorno decide di uccidere in nome dell'odio misogino e spinto dalla fascinazione dalle gesta del clan criminale dei Marsigliesi. Anni e anni di perizie per stabilire se era sano o meno: venne considerato sano. Fa il bravo bambino in carcere e prosegue la detenzione tramite il servizio sociale. Un altro bel giorno, in un periodo di libera uscita, decide di uccidere altre due donne. Era pazzo prima ma nessuno lo aveva capito o è impazzito dopo oppure il crimine e la follia sono due realtà differenti che spesso ma non necessariamente si incontrano? Per informazione, il tasso di omicidi compiuto da soggetti con patologia psichiatrica diagnosticata è uguale a quelli che non soffrono di patologia...Come vedi è un discorso molto molto complicato. L'episodio riportato da Pippo in merito all'omicidio del sagrestano potrebbe ribadire le difficoltà nel prevedere: cosa sarebbe successo se il giovane fosse stato in cura da uno psichiatra? Nessun giudice, sebbene la partenza delle inevitabili indagini di rito, avrebbe potuto aprire una inchiesta nei confronti dello psichiatra che lo aveva in cura. Altro discorso, ovviamente, sarebbe stato se l'omicida avesse preannunciato nell'ambito della relazione medico-paziente tutelata dal segreto professionale, intenti omicidi, evento che in altre situazioni è accaduto con la successiva condanna dello psichiatra per non aver segnalato alla procura della repubblica un potenziale evento dannoso per gli altri.
In risposta al post di Pippo sulla strage di Castelvolturno, hai descritto esattamente quello che è una società paranoica incarnata dalla mafia con i propri codici di significazione, i propri riti e le proprie leggi. Colui che non si adegua a questi codici è un nemico da combattere e da eliminare. Mi ha sempre colpito, tuttavia, come i pochi o molti successi (dipende dai punti di vista) ottenuti dallo stato nei confronti della mafia siano stati permessi grazie alle rivelazioni dei pentiti che hanno rappresentato, così, ciò che, in analogia, il mediatore rappresenta per  l'immigrato: una volta che lo stato ha potuto riconoscere i codici di significazione della mafia ha avuto maggiori strumenti per combatterla: ma questa è solo una mia ipotesi.
Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana
Questa affermazione assolutamente condivisibile sotto i nostri codici di significazione, non assume, per i motivi esposti in precedenza, il carattere di certezza e potrebbe scardinare la possibile genesi psichiatrica di tale gesto. Non si sa nulla circa l'etnia di appartenenza del ghanese e dei suoi codici di significazione. Esistono, ad esempio, etnie in Africa dove il cannibalismo è permesso e, seppur esecrabile ed incomprensibile ai nostri occhi, girare con un piccone per, ad esempio, scacciare coloro che invadono il loro territorio, può avere significazioni a noi sconosciute

D'accordo, ma uno che si sposta dal suo paese perché vuole trovare in un altro luogo del Pianeta condizioni di vita migliori ha già messo in atto delle "pre-comprensioni" che lo avvicinano ai cosiddetti "schemi di ragionamento" propri dell'Occidente: se non altro condivide con noi la credenza secondo cui se le condizioni di vita del proprio paese d'origine non sono sostenibili è meglio tentare di spostarsi in un altro paese. Questo è un pensiero condiviso che si è di fatto tradotto in un' azione concreta, che noi capiamo. Certo potremmo sospettare che quando un immigrato compie un crimine che non pare avere senso, egli si stia muovendo sulla base di schemi culturali incommensurabili con il nostro modus vivendi: questo mi pare però esagerato, lo considererei alla stregua del modo di ragionare scettico che, iperbolicamente, vuole negare la legittimità di ogni verità unicamente sulla base di circostanze la cui evenienza è sempre possibile. Lo scettico dice: tu non puoi essere certo di camminare, potresti sognare. Ora, potrei benissimo sognare, ma cosa te lo fa pensare!? La possibilità che ci sia qualcosa che sia andato storto nei nostri metodi di accertamento della verità non è un risultato che inficia il prodotto di tali metodi. In altre parole, lo scettico confonde certezza e verità. Allo stesso modo, mi pare che esasperare l'importanza della differenza culturale che divide i popoli terrestri non deve farci perdere di vista il fatto che in fondo condividiamo con gli altri esseri umani appartenenti a culture differenti un patrimonio di segni che come direbbe Chomsky (e forse pure Davidson) trascendono ogni cultura perché la anticipano e la rendono possibile. Ad esempio tutti noi condividiamo la propensione alla comunicazione linguistica e, infatti, ogni popolo ha sviluppato il suo modo specifico di trasmettere informazioni. Ciò è quanto dire che siamo tutti in grado di comprendere ed interpretare i gesti e i linguaggi degli altri popoli, altrimenti (come direbbe Davidson, senza ombra di dubbio) non sarebbero neppure dei linguaggi. Certo, possiamo non condividere certe credenze e certi usi e costumi ma non c'è dubbio che, se qualcosa è un linguaggio, allora contiene in sé (nel modo d'uso e nella totalità della cultura) le istruzioni utili per mettere in pratica strategie ermeneutiche efficaci. 
www.meteomollaro.it 

Il 28 dicembre 2020 verrà festeggiato come il 25 Aprile della meteorologia trentina. Amen.

Bernie

Io penso che il ghanese sapesse perfettamente che in Italia spaccare la testa con il piccone è reato, ma era in preda a crisi e delirio paranoico con visioni ecc. e quindi ha ritenuto di comportarsi così. Capisco tutto, ma se una delle teste rotte fosse di un vostro parente o di vostro figlio vi girerebbero le balle a verricello cazzo con tutti i nullafacenti neri che ci sono in giro e anche con quelli bianchi e quelli appena coloured, perché certe cose non devono accadere, al pari comunque dei matti in america (e arriveranno anche qui) che imbracciano armi da guerra e sparano sulla folla. La verità è che viviamo un mondo malato nel quale tutte le contraddizioni e le sperequazioni che esistono stanno venendo al pettine e ci si riversano contro con gli interessi. Fanculo.
Non tollero alcuna forma di limitazione della mia libertà personale.

inferno bianco

Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Mar 14 Maggio, 2013, 19:43:59
Citazione di: paradiso nero il Mar 14 Maggio, 2013, 14:08:07
Citazione di: Vassallo del Grande Re Atlantico il Mar 14 Maggio, 2013, 12:29:58
Citazione di: MrPippoTN il Mar 14 Maggio, 2013, 11:54:37
http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Castelvolturno

In occasione della strage di Castelvolturno, Giuseppe Setola, camorrista riconducibile al clan dei Casalesi, ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria "Ob Ob exotic fashions" a Varcaturo,[3] in due operazioni distinte da parte dello stesso gruppo di fuoco.

Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più "anziano" aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", la quale, poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

La mia domanda è: la condanna di Giuseppe Setola ha qualche tipo di attinenza col fatto che egli sia bianco, italiano o napoletano? Non mi pare. Io credo che un individuo colpevole di omicidio in simili circostanze debba essere condannato in quanto assassino e camorrista e la questione, per quanto mi riguarda, si chiude qua. Se poi il suo avvocato gli avesse suggerito "dì che senti delle voci così ti danno l'infermità mentale e non ti farai un solo giorno di galera" questo è un problema che non ha niente a che vedere col colore della sua pelle, ma con i cavilli legislativi cui ci si può appellare in questi casi.

:ciao:

aggiungo che impunemente nel corso di manifestazioni sportive di prim'ordine si sentono cori che recitano: "il goal del negro non vale". Ed esiste una sottocultura che di fronte a queste cose non si indigna ma scherza, giochicchia, non sono più un tabù da debellare e di cui vergognarsi: roba da ventennio fascista, con cui non abbiamo mai fatto i conti. La questione delle chiavi di lettura della realtà è interessante e certamente sistemi di significazione in conflitto possono produrre, in soggetti particolarmente predisposti, degli scompensi psichici tali da sviluppare il germe di una violenza disperata ed assurda ( "assurda" proprio nel senso esistenziale del termine, cfr. Camus, Lo straniero, monumento della letteratura che ci fa riflettere su come nelle questioni umane venga spesso a mancare la sistematicità dei nessi causa-effetto, quei nessi che la giustizia umana tenta disperatamente di ricostruire, non senza forzature, proprio per poter dare un senso ai crimini più efferati, ovvero a ciò che si configura come l'insensato per antonomasia); non mi pare tuttavia che contesti culturali diversi possono essere considerati come una condizione sufficiente per tali evenienze degenerative. Una strage del genere non capita così, da un giorno all'altro, senza che prima non ci siano dei segnali di squilibrio più o meno preoccupanti: nessuno mi potrà mai togliere il dubbio che forse in un paese diverso, dotato di sensibilità sociale, sarebbero stati presi alcuni provvedimenti preventivi, strategie volte ad evitare l'isolamento dei soggetti "a rischio". A volte basta pochissimo per evitare di trovarsi in situazioni critiche, ma quel "pochissimo" si scontra con una miopia sociale che pare innata: si deve comprendere davvero che ora come ora vi è un substrato sociale altamente "esplosivo" e mi riferisco non solo agli immigrati che vivono in situazioni improbabili ma anche agli autoctoni che hanno perso il lavoro e con esso la dignità. In contesti di crisi e di decadenza politica, sociale e culturale si tende a concentrare le risorse economiche per fronteggiare le emergenze del breve periodo, tralasciando magari di incentivare quei cuscinetti sociali che in situazioni di "calma" potrebbero sembrare persino superflui: centri di accoglienza, centri educativi e di riqualifica lavorativa hanno sempre meno fondi e si trovano ad operare in condizioni assolutamente precarie; ciò non può che essere una concausa all'emergere di situazioni a rischio sempre meno controllabili e spesso fonte di episodi di cronaca nera. Anche questa è una questione di sistemi di significazione. Un codice, sia esso linguistico o più in generale culturale, è sempre in divenire. Ciò comporta il fatto che i soggetti che lo utilizzano non sono meri fruitori ma sono coinvolti attivamente nel processo di produzione ermeneutica: questo implica tutta una serie di responsabilità che tutti noi condividiamo, responsabilità che ci chiamano ad operare tutti insieme per tentare di ridefinire la realtà, piuttosto che registrarla passivamente a seconda di quale sia la nostra cultura di origine.   
Ho sottolineato le frasi in grassetto per fare delle precisazioni.
1) sistemi di significazione in conflitto: i codici di significazione sono di per sé pre-relazionali: ad esempio, un bambino dall'utero ai primi mesi di vita è guidato semplicemente dai propri istinti di fame e di sete e costruisce i propri codici di significazione considerando la madre come una funzione atta ad estinguere i propri bisogni e non come soggetto autonomo di desideri e di propri bisogni con cui entrare in relazione reciproca cosa che farà successivamente. Pertanto, prima leggo la realtà poi entro in relazione. Un conflitto, per definizione, prevede, poi, che due entità vengano a contatto. Nel caso in questione, sia che la natura psichiatrica del gesto venga confermata o meno, il contatto tra i codici di significazione della società ricevente e dell'immigrato non è mai avvenuto proprio per l'assenza di un mediatore e da qui risulta comprensibile la riflessione di Camus che intravedeva l'assenza di causa- effetto che non può esserci se la relazione non si è mai instaurata,
2) secondo le teorie psichiatriche  transculturali, è errato affermare che l'uno o l'altro contesto culturale sia una condizione sufficiente per determinare screzi psichiatrici. Ciò che determina la patologia è, come dicevo prima, il vuoto di senso determinato dalla mancata condivisione dei codici di significazione: ciò che prima per me aveva un senso riconosciuto nella mia cultura d'origine ora, inserito in un contesto nuovo in cui non entro in relazione reciproca, non lo ha più se qualcuno (un mediatore) non mi offre la possibilità di confrontarmi con i codici di significazione del ricevente per stabilire, poi, una relazione reciproca condivisa
3) hai centrato qual è l'obiettivo ed il sogno di tutti gli studiosi della mente che stanno letteralmente impazzendo per raggiungerlo: prevenire l'insorgere della crisi tramite l'analisi dei cosiddetti segni precoci che talora, e su questo concordo, possono essere individuati. In altri casi purtroppo, la scienza non possiede strumenti efficaci per spiegare ed affrontare manifestazioni comportamentali imprevedibili. Un caso emblematico che ha mandato al manicomio ( è proprio il caso di dirlo) giudici, psichiatri, poliziotti e chi più ne ha più ne metta è quello di Izzo, italianissimo responsabile della strage del Circeo nel 1975 a Roma. Nessun segno di patologia psichiatrica nella sua storia, nessuna avvisaglia di impulsività pregressa, un bel giorno decide di uccidere in nome dell'odio misogino e spinto dalla fascinazione dalle gesta del clan criminale dei Marsigliesi. Anni e anni di perizie per stabilire se era sano o meno: venne considerato sano. Fa il bravo bambino in carcere e prosegue la detenzione tramite il servizio sociale. Un altro bel giorno, in un periodo di libera uscita, decide di uccidere altre due donne. Era pazzo prima ma nessuno lo aveva capito o è impazzito dopo oppure il crimine e la follia sono due realtà differenti che spesso ma non necessariamente si incontrano? Per informazione, il tasso di omicidi compiuto da soggetti con patologia psichiatrica diagnosticata è uguale a quelli che non soffrono di patologia...Come vedi è un discorso molto molto complicato. L'episodio riportato da Pippo in merito all'omicidio del sagrestano potrebbe ribadire le difficoltà nel prevedere: cosa sarebbe successo se il giovane fosse stato in cura da uno psichiatra? Nessun giudice, sebbene la partenza delle inevitabili indagini di rito, avrebbe potuto aprire una inchiesta nei confronti dello psichiatra che lo aveva in cura. Altro discorso, ovviamente, sarebbe stato se l'omicida avesse preannunciato nell'ambito della relazione medico-paziente tutelata dal segreto professionale, intenti omicidi, evento che in altre situazioni è accaduto con la successiva condanna dello psichiatra per non aver segnalato alla procura della repubblica un potenziale evento dannoso per gli altri.
In risposta al post di Pippo sulla strage di Castelvolturno, hai descritto esattamente quello che è una società paranoica incarnata dalla mafia con i propri codici di significazione, i propri riti e le proprie leggi. Colui che non si adegua a questi codici è un nemico da combattere e da eliminare. Mi ha sempre colpito, tuttavia, come i pochi o molti successi (dipende dai punti di vista) ottenuti dallo stato nei confronti della mafia siano stati permessi grazie alle rivelazioni dei pentiti che hanno rappresentato, così, ciò che, in analogia, il mediatore rappresenta per  l'immigrato: una volta che lo stato ha potuto riconoscere i codici di significazione della mafia ha avuto maggiori strumenti per combatterla: ma questa è solo una mia ipotesi.
Peraltro sul caso specifico del ghanese, brutte robe, ma non credo sia normale andarsene in giro a spaccar teste coi picconi nemmeno in Ghana
Questa affermazione assolutamente condivisibile sotto i nostri codici di significazione, non assume, per i motivi esposti in precedenza, il carattere di certezza e potrebbe scardinare la possibile genesi psichiatrica di tale gesto. Non si sa nulla circa l'etnia di appartenenza del ghanese e dei suoi codici di significazione. Esistono, ad esempio, etnie in Africa dove il cannibalismo è permesso e, seppur esecrabile ed incomprensibile ai nostri occhi, girare con un piccone per, ad esempio, scacciare coloro che invadono il loro territorio, può avere significazioni a noi sconosciute

D'accordo, ma uno che si sposta dal suo paese perché vuole trovare in un altro luogo del Pianeta condizioni di vita migliori ha già messo in atto delle "pre-comprensioni" che lo avvicinano ai cosiddetti "schemi di ragionamento" propri dell'Occidente: se non altro condivide con noi la credenza secondo cui se le condizioni di vita del proprio paese d'origine non sono sostenibili è meglio tentare di spostarsi in un altro paese. Questo è un pensiero condiviso che si è di fatto tradotto in un' azione concreta, che noi capiamo. Certo potremmo sospettare che quando un immigrato compie un crimine che non pare avere senso, egli si stia muovendo sulla base di schemi culturali incommensurabili con il nostro modus vivendi: questo mi pare però esagerato, lo considererei alla stregua del modo di ragionare scettico che, iperbolicamente, vuole negare la legittimità di ogni verità unicamente sulla base di circostanze la cui evenienza è sempre possibile. Lo scettico dice: tu non puoi essere certo di camminare, potresti sognare. Ora, potrei benissimo sognare, ma cosa te lo fa pensare!? La possibilità che ci sia qualcosa che sia andato storto nei nostri metodi di accertamento della verità non è un risultato che inficia il prodotto di tali metodi. In altre parole, lo scettico confonde certezza e verità. Allo stesso modo, mi pare che esasperare l'importanza della differenza culturale che divide i popoli terrestri non deve farci perdere di vista il fatto che in fondo condividiamo con gli altri esseri umani appartenenti a culture differenti un patrimonio di segni che come direbbe Chomsky (e forse pure Davidson) trascendono ogni cultura perché la anticipano e la rendono possibile. Ad esempio tutti noi condividiamo la propensione alla comunicazione linguistica e, infatti, ogni popolo ha sviluppato il suo modo specifico di trasmettere informazioni. Ciò è quanto dire che siamo tutti in grado di comprendere ed interpretare i gesti e i linguaggi degli altri popoli, altrimenti (come direbbe Davidson, senza ombra di dubbio) non sarebbero neppure dei linguaggi. Certo, possiamo non condividere certe credenze e certi usi e costumi ma non c'è dubbio che, se qualcosa è un linguaggio, allora contiene in sé (nel modo d'uso e nella totalità della cultura) le istruzioni utili per mettere in pratica strategie ermeneutiche efficaci.
Nella mia ultima affermazione è evidente l'artificio logico dell'iperbole che, se ripetuto, innesca un gioco di dubbi continui su dati fattuali che allontana dalla comprensione. E' il drammatico meccanismo psicopatologico del dubbio dell'ossessivo  " avro' chiuso il gas? e se non l'ho chiuso? ora provo ad uscire...fammi andare di nuovo a controllare se l'ho chiuso" e si entra in un circuito penoso senza uscita che, personalmente, preferisco evitare. Nel caso di cui stiamo parlando, la mia affermazione è figlia di un atteggiamento di temporanea sospensione del giudizio di fronte a situazioni di vita drammatiche di cui non conosco nulla. Quest'atteggiamento, scevro da pre-giudizi, mi offre poi la possibilità di raccogliere dati ed informazioni necessarie per cercare di cogliere in questa come in altre situazioni di vita un senso condiviso degli eventi.